ELENA CIAMARRA

 

 

Visse d’arte

 

Artista per vocazione, Elena Ciamarra, ha lasciato una produzione

pittorica fitta e regolare che si dispiega per circa sessant’anni.

A noi il compito di tentare di comprendere la sua arte e farla nostra.

 

Testo di Angela Piscitelli

 

 

La strada che porta a Torella del Sannio è una vecchia provinciale tortuosa e solitaria, aperta ad orizzonti lontani, inseguita ad ogni curva da un cielo sempre inquieto e mutevole.

Il viaggiatore incuriosito che si spinga fino in cima al paese, dove svettano fra corvi indaffarati le antiche torri del castello, troverà  sul muro a fianco al portone una piccola lapide bianca con scritto: “Muori e trasfigurati, tu non sei che un torpido ospite sopra l’oscura terra”. Sono parole di Goethe.

In questa casa millenaria, indifferente al tempo, visse e lavorò la pittrice Elena Ciamarra.

Prima che la Provincia di Campobasso celebrasse con un imponente retrospettiva la scoperta della straordinaria artista, il privilegio di conoscere la sua opera e la sua casa era riservato a pochi. La storia del Novecento italiano è ancora troppo recente per rendere giustizia a quanti, traversando il secolo, non chiesero al cielo né ricchezza né notorietà, segnando con i loro passi discreti e silenziosi il tempo di un’intima ed ininterrotta vocazione dell’anima.

Chi era Elena Ciamarra?

Chi la conobbe ricorda la sua fronte alta e gentile, incorniciata da sottili e sfuggenti capelli bianchi, i suoi profondi sempre cerchiati di un’ombra azzurrina, la semplicità sbrigativa, il camice nero da operaia del colore, striato di blu di cobalto e profumato di petrolio.

Elena Ciamarra non tenne mai, come molte donne della sua epoca, un vero diario. Della sua vita parlano, affastellati nelle cartelline impolverate, disposti in fila sulle pareti della casa, ingiallite dal fumo dei camini, migliaia di volti sottratti all’oblio dal tratto sicuro delle sue matite.

Nata il 23 dicembre 1894 da un illustre famiglia molisana, Elena Ciamarra manifestò appena adolescente convinta alla musica e alle arti figurative. Incoraggiata dal padre Giacinto, noto avvocato e fine novelliere, fu tra le prime donne italiane a conseguire il diploma di pianoforte, violino, composizione e direzione d’orchestra.

La sua formazione pittorica e quella musicale che non furono mai scisse, maturarono innumerosi viaggi all’estero, dove ebbe contatti spesso amichevoli con molti artisti, intellettuali e maestri con i quali intrattenne talora fitte corrispondenze epistolari.

Fu Angelo Conti a procurarle i lasciapassare che le consentirono di esercitarsi, nelle pinacoteche di tutta Europa, e a copiare i capolavori del passato.

L’anziano conservatore dei Regi Musei di Capodimonte, fine letterato dall’animo di poeta, ebbe per la giovane artista una stima entusiasta come testimoniano le molte lettere conservate nell’archivio del Castello di Torella.

Le copie di Tiziano, Bruegel, Holbein e altri, definite dal Conti “vere e proprie opere d’arte”, furono sempre eseguite nell’intento filo logico di ricostruire le tecniche originali, eppure recano l’inconfondibile impronta personale della pittrice.

Elena Ciamarra espose in vita pochissime volte: il suo temperamento schivo, la sua umiltà di apprendista che non perse mai un’ingenua ed infantile freschezza, la tennero lontana dai frastuoni ufficiali e dagli abituali circuiti dei saloni alla moda.

Eppure, il suo Ritratto di contadina esposto nel 1937 a Roma alla Mostra dei Mercati Traianei, non passò inosservato al re che volle acquisirlo per la sua collezione privata.

Le lunghe permanenze all’estero, gli articoli lusinghieri della stampa, le frequentazioni importanti e le attestazioni di stima, non mutarono la sua anima appartata e assetata di perfezione, non affievolirono l’amore per la casa paterna che restò sempre il luogo fatato dell’opera e del sogno.

Invecchiando fu minacciata da una progressiva cecità che la indusse , senza troppo curarsi di se stessa e della malattia, ad ingrandire il formato dei suoi disegni, senza che il tratto perdesse, per questo, vibrazione ed intensità.

In paese ricordano la luce della sua stanza accesa fino a tarda notte, il suono del suo pianoforte nell’aria immota delle notti estive.

Da Torella partì malatissima e debole, qualche tempo prima di morire. Il suo ultimo autoritratto la mostra pensierosa, i tratti incanutiti in una penombra familiare, osservare con interesse immutato, velato appena di una nota di malinconia, il visitatore sconosciuto.

Fra le sue carte, accatastate in semplici scatole di cartone fra note della spesa, appunti e pensieri, una busta ingiallita del Musée Imaginaire de Paris, i lembi accostati con cura, una mano incerta e commossa ha annotato: “Foglie raccolte sulla tomba di Van Gogk”.

   

 

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Una Vita per l'arte

di Sabrina Izzi

Elena Ciamarra è un'artista di origine molisana di grande rilievo e di copiosissima produzione della quale fino ad oggi poco è stato mostrato, e che la critica solo da poco tempo e con impegno episodico ha cominciato a scoprire.

Si tratta di un'artista figlia di un Molise sconosciuto ai più perché nascosto ai clamori pubblicitari della nostra epoca, e di un tempo, quello della transizione tra XIX e XX secolo, che pur consegnando alla storia molti grandi artisti raccontandone i percorsi, le aspirazioni, i sogni, i successi e le sconfitte, su molti altri  ancora tace o dice poche cose.

Per questo io vorrei con il presente lavoro avvicinare il pubblico e la critica all'opera di Elena Ciamarra; lungi da ogni presunzione di completezza, il mio scritto si propone di aggiungere all'indagine, già autorevolmente iniziata dall'amministrazione provinciale di Campobasso in occasione della mostra del 1996, nuovi elementi che possono far luce sull'opera e la vita di Elena Ciamarra, nell'intento di contribuire alla giusta collocazione di questa interessante artista nel variegato e difficile panorama dell'arte contemporanea.

Il metodo adottato nella ricerca, il solo possibile in assenza di una catalogazione generale delle opere e di una monografia, potrebbe assomigliare vagamente ad un'indagine esclusivamente ermeneutica.

Il punto di partenza è il castello di Torella del Sannio, la casa paterna che l'attenta  cura del figlio di Elena e della sua famiglia, ha conservata intatta in tutti gli spazi e in tutte le suggestioni e dove, con grande naturalezza si fondono e si confondono soggetti ed opere in una perfetta coincidenza.

Qui, lo spazio ed il tempo di Elena Ciamarra sono come categorie artistiche più che biografiche, giacchè la vita di questa donna fu tanto ordinaria quanto straordinaria fu quella dell'artista.

Elena Ciamarra vide la luce nel Dicembre del 1894 a Napoli, e fin da piccola mostrò spiccate attitudine alla musica e alle arti figurative. Ella fu artista di formazione europea e si trovò molto presto a contatto con maestri di chiara fama e intellettuali personalità di ogni ramo della cultura. Presto iniziò a studiare musica con prestigiosi maestri quali Longo e Rendano, Cesi e Kreutzer; e già negli anni venti del 900 ella compose quartetti d'archi qualitativamente interessanti. Considerando sempre la musica complementare della pittura, iniziò a studiare copia a Berlino e a Monaco, per proseguire a Napoli, a Roma, a Parigi, ad Ascona, a Salisburgo, e a Venezia con grandi maestri quali Guardascione, Casciaro, Galante, Morani, Lhote, Helbig, Kokoschka e Mariano Fortuny junior.

Elena fece molti viaggi sulle orme dei suoi pittori preferiti ed era solita annotare sui dei taccuini gli indirizzi delle loro vecchie abitazioni, dei luoghi in cui essi erano stati ad esporre, oppure quelli in cui erano e sono sepolti; tra i suoi ricordi più cari è stata ritrovata una bustina nella quale sono conservate delle foglie raccolte sulla tomba di Van Gogh. Questa caratteristica di ricostruire dei "pezzi" della vita degli artisti era presente in Elena per l'amore e la passione per la pittura, da lei sentiti nel profondo del suo essere. Durante questi viaggi ebbe contatti ed amicizie con i circoli culturali italiani ed europei, quali la colonia di veneziana di Mariano Fortuny junior e i circoli goethiani tedeschi.

A poco più di vent'anni realizzò, recandosi nei principali musei europei, una serie di copie dalle opere di Tiziano Tintoretto Bruegel, che si conservano nel castello di Torella, a Ferrara e nel museo delle copie di New York. Tali copie venivano eseguite solamente per imparare le tecniche dei grandi maestri; e infatti riuscì a ricostruire le velature della pittura del Cinquecento.

Durante tutta la sua esistenza fu completamente ostile ad ogni forma di arte esibita, e per circa 30 anni non mostrò a nessuno i suoi lavori che considerava dei puri esercizi  di studio e quindi non degni di essere mostrati in pubblico.

Solo dopo la seconda guerra mondiale espose dei disegni a Milano e a Parigi.

L'abbondante corpus pittorico della nostra artista è conservato nelle collezioni private del Castello Ciamarra di Torella del Sannio - di proprietà del figlio Leonardo Cammarano - e in minor parte a Ferrara, nell'abitazione della figlia Maria Luisa Cammarano. Si tratta soprattutto di disegni a carboncino e a matita ritraenti volti di contadini e bambini torellesi che si prestavano da modelli. È copiosa anche la produzione di dipinti ad olio, costituita da un congruo numero di ritratti, paesaggi e nature morte, oltre che dalle numerose copie.

Passare in rassegna le opere della pittrice è come avviarsi alla lettura di una bella narrazione impregnata del palpito di un linguaggio universale e popolare. I primi quadri della Ciamarra contengono già le caratteristiche del suo mondo espressivo: ritratti di amici e parenti, nature morte sospese in un tempo quasi cristallizzato, trepidi e vibranti paesaggi di Capri, Napoli, Tripoli, Torella del Sannio.

Quest'ultimo luogo fu molto caro alla nostra artista, e le torri cilindriche del castello, con i suoi alti soffitti e lo splendido e vasto panorama dagli spalti sulla vallata, divennero per lei soggetti prediletti. A torella Elena allevò i suoi figli e sono molti i disegni e gli schizzi ritraenti i bambini, talvolta affiancati dalla figure delle loro balie.

Gli elementi biografici finora riferiti, ci restituiscono un'immagine di di intellettuale moderno curioso di tutto ed aperto ad ogni esperienza, che sembrerebbe discostarsi da un mero ideale romantico; al contrario l'idea di dedicare tutta la vita l'arte, l'assunto che l'artista resti in ogni momento un apprendista, la passione e la sofferenza con le quali ci si accosta al mestiere di pittore o di musicista, tutte queste cose appartengono alla cultura romantica. Dunque di E.C. si può dire che ebbe un'anima romantica impiantata in una moderna visione di intellettuale; e anche su questo piano la formazione non fu carente in quanto ebbe per maestro lo scrittore e critico Angelo Conti. Tra la giovanissima artista e il vecchio soprintendente dei Musei di Capodimonte nacque un'amicizia intellettuale testimoniata da un carteggio che s'interruppe solo pochi giorni prima della morte del Conti. Grazie a lui la giovane Elena potè approfondire i suoi concetti estetici e filosofici, conoscere importanti artisti quali Fortuny e Morani ed esercitarsi nella copia dei maestri del Cinquecenti, grazie a permessi speciali per accedere ai principali musei europei. Non siamo in possesso delle lettere di Elena ad Angelo Conti, ma le lettere di quest'ultimo raccontano di un dialogo che non esita a passare dalla comunicazione quotidiana alla riflessione sulla funzione conoscitiva attribuita all'arte. Forse più di ogni altro documento queste lettere costituiscono la mappa dei riferimenti storico - culturali della formazione della Ciamarra: l'arte intesa come strumento di conoscenza, di apostolato, di ruskiniana memoria; l'arte intesa come volontà secondo Schopenhauer, e ancora l'arte come solo squarcio tra le nubi della materia, verso un mondo sognato di perfezione e di bellezza, secondo le vedute di Proust.

Negli anni 50 Elena fece parte del gruppo L'Eveil di Parigi ed entrò in amicizia con loi scultore italo-americano C.V.Massa del quale si conserva a Ferrara un ritratto ad olio eseguito dalla pittrice che resterà sua discepola spirituale per tutta la vita. Tra il 1960 e il 1975 soggiornò sempre più a lungo a Torella, dove aveva più tempo a disposizione per dedicarsi al suo lavoro con totale dedizione. A questo periodo risale infatti la maggior parte della sua produzione di disegni a matita e a carboncino ritraenti perlopiù soggetti del paese, conservati nel Castello Ciamarra.

Verso la fine della sua vita Elena fu tormentata da una grave forma di artrosi deformante e con disperata determinazione si fece costruire dei guanti speciali, con dei tiranti di stoffa e delle piccole leve di legno per poter dipingere ancora, e, poiché era divenuta quasi cieca ingrandì il formato delle sue tele, per poter meglio, con un residuo di vista, carpire il segreto ai suoi modelli e continuò ancora a coltivare il pianoforte, finchè non sopraggiunse la morte nel 1981.

Tra le opere conservate nel castello di Torella, vi è un gran numero di cartoni, ritraenti paesaggi, personaggi del luogo e familiari dell'artista, ritrovati all'incirca una ventina di anni fa.  Nel vasto repertorio di questa produzione, ad ogni angolo delle sale del  castello, l'artista ci segue dai numerosi autoritratti che ogni stanza custodisce mescolati alla folla dei volti dei torellesi che si prestarono da modelli. Se le fattezze dei volti raccontano l'evoluzione del tempo, delle usanze e dei costumi, lo sviluppo della tecnica pittorica dà conto dell'evoluzione artistica della pittrice: partita da un figurativismo assai rigoroso, in cui il dinamismo della composizione era affidato alla grande penetrazione psicologica ed allo stile affatto personale, la Ciamarra arrivò, negli ultimi anni della sua vita, ad una sintesi molto avanzata in cui il soggetto ritratto, sia esso paesaggio, figura, o natura morta, si apre dando vita ad una forma ora monolineare, ora essenzialmente cromatica, che tuttavia non perde del suo modello-pretesto, né l'anima né il carattere. Si tratta di opere abbastanza precoci, che non sono mai state esposte al pubblico, per via del carattere schivo dell'artista e che spesso sono dipinte sul recto e sul verso.

Si vede in questi dipinti, che il carattere delle cose è sempre rivelato: le teiere, le coppe, sembrano veramente fatte di ceramica e forse suoneranno se colpite con un dito; le montagne ed i prati sono veramente elementi della natura, e se ne possono quasi sentire i profumi attraverso i dipinti. i vari caratteri delle stoffe, delle coppe e dei fiori sono indubbiamente individuati e chiaramente rivelati; osserviamo i colori, le linee, il carattere delle cose; osserviamo la precisione dei rossi, la morbidezza dei bianchi: la facilità e l'immediatezza con cui sembrano stati fatti sono costate ad Elena sessant'anni di una fatica durissima e ossessionante, di una tenacia implacabile e, talvolta, esasperantemente indomabile.

Elena Ciamarra aveva una volontà che ignorava gli ostacoli, ed è per questa cosciente volontà che noi, oggi, osservando le sue opere, non ci troviamo davanti a "nature morte", ma siamo davanti a nature assai "vive", e questo non è dovuto al vaso o alla coppa dipinti, ma alla schietta onestà dell'impronta dell'anima rivelata, alla chiarezza della sua intimità, che diventano una sintesi creativa di azione positiva e gioconda, nobile e dolce, calda e solare…